
La chiamano estate, ma la verità è che viene preceduta da un caos che raduna tutte e mille le cose che hai fatto durante l’anno, è come un enorme intreccio del quale devi in qualche modo radunare tutti i fili prima di chiuderlo. E partire. E tirare quel sospiro di sollievo che prende aria solo davanti al mare.
Siamo arrivate a Roma due giorni fa e il caldo ci si è addossato come un’animale umido, nello shock termico credo di aver perso di vista l’entusiasmo del ritorno. Quello che invece è rimasto chiaro, una specie di faro, o una stella polare, o forse solo una lampadina attaccata alla coda di un gatto, è stato quello che dovevo terminare e che sto terminando. Lavoro, progetti, idee per settembre – quelle che ad agosto te le fermenti per bene in testa e non vedi l’ora di realizzare, poi arriva l’autunno e in qualche modo perdi l’attimo. Almeno, a me succede così.
L’altro weekend a Londra siamo stati a un festival. Non era proprio un festival, lo chiamavano garden party ma c’era una parte dedicata al festival musicale, tre palchi e band che si alternavano, una parte dedicata allo street food e una dedicata al market e alle attività per bambini. Tipo una Glastonbury per famiglie – un po’ meno, dài, ma il mood era quello.
La mia Viola e l’altra Viola, la sua migliore amica, hanno ballato rock fino a crollare sul prato. Io e la sua mamma, Allegra, coi fiori nei capelli. Il mood circostante, una giostra di voci e colori e attività e profumi. Hanno fatto graffiti sul muro, face painting, stampato pergamene, costruito case di carta. Ah: era tutto gratis. Ingresso, attività, show. Tutto tranne il cibo, e noi ci siamo portati il picnic da casa. E pure la tenda (per giocare). Sarebbe bello avere cose simili anche in Italia. O forse esistono e io non le conosco (qui sotto sono con la deliziosa bag di Gipsy, btw).
La stessa sera siamo stati anche ad uno show di teatro ‘immersive’ lo chiamano – cioè dove entri fisicamente nel set, nella storia. Ne ho visti di bellissimi, questo meno coinvolgente, ma l’Heartbreak Hotel ricostruito col tramonto alle spalle aveva il suo perché, e dopo ci ha consentito un giro sulla nuova funivia di Emirates che vola su Londra collegando Greenwich a Royal Victoria.
Ancora una volta, la nostra sarà un’estate itinerante. A volte mi chiedo come sarebbe stare ferma nello stesso posto per, che ne so, un mese. Mi piacerebbe? Forse. Però al momento va così, si gira, ci si ingegna a mettere nello stesso arco di tempo più cose possibili. Esperienze, ma non per forza chissà che. Esperienze anche banali. Cose da fare.
Ieri sera sono stata a un party qui a Roma, era la festa di un’agenzia. Ho sentito chiarissima la differenza tra l’appartenere a qualcosa – un ufficio, un brand, un gruppo di lavoro, un progetto condiviso – e il non appartenere a niente se non a sé stessi. Se c’è una cosa della quale sono stanca, quella è la solitudine, ma poi sono anche il tipo che la sceglie e che difficilmente riesce a stare in gruppo. E’ una delle cose che vorrei poter avere l’occasione di imparare con il nuovo anno lavorativo. Collaborare. Stare con. Delegare. Ed è la centesima volta che lo scrivo, che sia quella buona?
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