Tutte le cose che vorrei dirti.

Vorrei dirti che nella vita le cose diventano difficili prima di essere facili. E non diventano nemmeno realmente facili: sei tu che diventi più brava…

Blogging dark side: se i numeri definiscono il tuo valore

Life ·
Una giornata tipo da blogger

Non siamo numeri.

Siamo persone.

Su questo dovremmo essere tutti d’accordo.

Ma sta succedendo questa cosa bizzarra, nel mondo, e io lavorando come blogger sono proprio al centro del fenomeno – l’ho guardato nascere, evolvere, arrivare fin qui. Ha mosso i primi passi con Facebook e il suo sistema di Like, proseguendo strisciando tra i vari social – numero di retweet, di cuori, di follower – invadendo la sfera del personale ma ovviamente ancor più quella di chi, come me, sui social ci lavora.

Ho iniziato con un blog molto letto dove l’unico numero era quello dei commenti e sono arrivata ad oggi, dove il traffico del mio blog e dei miei social è misurato, evidente, provato da statistiche, screenshot, grafici.

Questo da una parte dimostra la mia correttezza e il buon lavoro che sto facendo a dispetto di chi invece i numeri li compra o li gonfia.

Dall’altra parte però è un meccanismo perverso.

So che è il mio lavoro e sono grata per questo, davvero, non do nulla per scontato e lavoro tanto ogni giorno per produrre contenuti sempre nuovi e fatti sempre meglio. Ma ha alcuni lati oscuri, e questo è quello che mi sembra più assurdo.

Immaginate se lo stesso meccanismo fosse applicato a qualsiasi lavoro.

Immaginate di sedere ogni giorno alla scrivania, magari in un open space pieno di colleghi. Immaginate di consegnare giornalmente il vostro lavoro e che questo, oltre ad essere soggetto ad una generale valutazione qualitativa, sia soggetto ai voti di un’audience.

Maria: 10 like. Laura: 57 like. Francesco: 101 like. Daniela: 1.345 like.

Ora, immaginate che il vostro lavoro sia raccontare la vostra vita, oppure consegnare fotografie vostre o da voi scattate.

La foto di Laura sorridente davanti alla Tour Eiffel prende 202 like. La stessa foto, ma di Daniela, ne prende meritati 12.567.

La prendereste più sul personale. Un po’ come succede su Facebook, ma amplificato.

Prenderla sul personale non significa offendersi, soltanto insinuare un dubbio, uno solo, potentissimo:

“forse non sono abbastanza”

 

Ed è difficile anche indirizzare questo ‘non abbastanza’ quando si parla di un lavoro che coinvolge così tanto la tua persona. Quello che racconti non è un brand, o un prodotto. Sei tu, c’è la tua storia, la tua faccia, il tuo sorriso, la forma del tuo corpo, quello che mangi, quello che fai, ciò che pensi, come lo dici, quello che fai vedere ma anche e soprattutto quello che non fai vedere e che le persone iniziano ad immaginare: la tua stessa privacy diventa l’altra metà del disegno che chi ti segue inizia a disegnare a suo piacimento, per formare un intero. Non ha importanza se non corrisponde a chi sei, per loro è la verità.

I numeri giudicano la tua persona, la tua vita.

E’ un prezzo da pagare piuttosto assurdo e molto alto per avere una voce, oggi.

Lo paghiamo noi, lo pagano i personaggi pubblici e lo paga – anche se in forma minore, ma questo è sempre relativo – qualsiasi persona decida di esporre se stesso o le proprie idee online.

Siamo persone misurate da numeri.

Siamo persone il cui valore è determinato da numeri e ingannate a credere che sia così davvero.

Dal momento che sono una persona imperfetta e debole come tutti, sto cercando di venire a patti con il fatto che invece non sia cosi. Lo sto facendo perché tra un attimo anche mia figlia sarà online e ci sarà un momento in cui si chiederà ‘perché questa foto o questa frase che ho postato ha fatto zero like’?

La spiegazione è semplice: i numeri non contano. Non significano nulla.

Ma per me, che faccio questo lavoro, sembra quasi una bugia.

Diffidate di chi lavora in questo settore e dichiara: i numeri non mi interessano.

Se è il tuo lavoro, il tuo unico lavoro, quello che ti paga le bollette, i numeri sono importanti. I numeri misurano l’ampiezza della tua audience, ed è in base ad essa che vieni coinvolto o meno nei progetti, pagato o meno buone cifre. I numeri misurano il tuo lavoro e danno la misura del tuo stipendio.

I numeri.

Sarebbe bello dire che le cifre sono direttamente proporzionali alla qualità del prodotto. A volte lo sono, altre non lo sono.

Sarebbe bello dire che sono direttamente proporzionali all’importanza di ciò che comunichi. Se così fosse, le persone con più ‘numeri’ della rete non sarebbero i Gamers (con tutto il rispetto per loro!) ma chi parla di Politica Internazionale. Non chi mostra le buste di shopping ma chi parla di surriscaldamento globale, gender gap, filosofia, scienza.

Questo non è un post che celebra o si lamenta dei numeri che ho, che ho conquistato click per click e che permettono a questa bellissima attività di essere il mio lavoro.

E’ più una riflessione sull’inevitabile deriva che questo settore ha preso. Non so se avete visto la puntata di Black Mirror chiamata Nosedive, dove si racconta di una società che ha un sistema di ranking embeddato nella vita delle persone: tutti possono dare un voto a tutti, a seguito di qualsiasi interazione sociale. Il risultato è che regnano sovrane ipocrisia e superficialità, occorre mostrarsi sempre gentili e perfetti per non ricevere voti negativi ed essere quindi isolati dalla società.

E’ un esempio estremo, ma quanto è lontano dalla realtà?

Una volta una collega mi ha detto con grande naturalezza: “(Altra collega abbastanza nota) non pubblicherà mai una foto di te e lei insieme, o se lo farà non ti taggherà, perché hai molti meno follower di lei.”

Ditemi se questo non è l’asilo. Ma soprattutto: ditemi se non ci sono persone che, inconsapevolmente, non si sentono davvero

numeri.

 

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