
Ho perso, col tempo, la tendenza a pensare che vada fatto ‘tutto insieme’. Il tutto insieme è gigantesco, impossibile.
Pensate a quanto sia spaventoso pensare una cosa come ‘voglio correre 15 km’ e quanto invece sia assolutamente fattibile pensare ‘voglio correre 5 minuti in più ogni giorno’. O ‘voglio scrivere un romanzo’ e invece pensare ‘voglio scrivere una pagina’.
Stanno succedendo un sacco di cose e sto provando a prenderle un passo alla volta, per quanto vorrei invece avere tutto e subito – se siete anche voi tipi un po’ ansiosi da ‘se non succede tutto immediatamente non succederà mai’, ci capiamo.
Quello che faccio è questo: fermarmi un attimo a cambiare prospettiva e capire che ogni distanza si copre un passo alla volta, e intanto cerco di fare cose belle e che mi/ci rendono felici. Queste foto ad esempio sono di Domenica scorsa: una giornata di sole, un brunch, il mercato dei fiori di Columbia Road.
Ho smesso di contare sulle persone che non ci sono.
Stare lontana da chi ti fa sentire come se fosse faticoso volerti e volerti bene è una liberazione – nelle relazioni, nelle amicizie.
‘I’m tired of trying to win over people’s heart’ come direbbe Claire Underwood.
Indosso vestaglie bellissime come quella di Verry Kerry o quella anni 70 presa al negozio vintage, ma la mattina resto impresentabile e stanchissima.
Vado in palestra, a volte a correre ma cerco di perdere il fiato anche per le piccole cose. Tengo il diario della gratitudine e leggo libri bellissimi e motivazionali, la fatica è ogni giorno scoprire di essere fortunata sotto strati di rogne e pensieri neri ma è l’unica fatica che valga la pena di fare.
Non mi hanno presa per un lavoro che avrei voluto fare tantissimo, mi hanno presa per uno più bello ma che avrei voluto fare meno.
Ho appeso una tenda trasparente sul letto di Viola che lo fa sembrare da principessa, forse lo avete visto su Snapchat.
Bevo caffè e mangio cioccolata fondente, mentre la primavera si avvicina e Londra si illumina.
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