
Il decluttering: questa assoluta necessità. Ve lo dice una che ha la mente perennemente incasinata, così come l’armadio e la scrivania del computer. Anche questo browser, con almeno dieci finestre aperte, non se la passa tanto bene. Pulire, mettere in ordine, fare spazio, è un atto pratico ma anche in qualche modo spirituale. Avete mai fatto caso al senso di oppressione di certi ambienti iper-decorati, molto disordinati o saturi e a quello di pace e respiro di quelli minimali e ordinati?
Ho iniziato un percorso di decluttering ed è stato istruttivo.
Le premesse
Il metodo Marie Kondo sbucava fuori da ogni anfratto del web ogni volta che cercavo ispirazione per rimettere a posto casa. Letteralmente: la gente era impazzita. Il mondo si Kondizzava donando o direttamente frullando nel secchio ere di ciarpame e roba brutta, ma forse anche di ricordi. Ho letto la Kondo ed è fortemente ispirazionale. Anche fortemente ossessiva secondo me, ma fin tanto che funziona va bene. Ho capito che non avrei mai avuto il coraggio di applicare il metodo alla lettera, quindi ho solamente permesso all’idea della necessità assoluta di ‘possedere meno e possederlo in ordine’ di impossessarsi di me.
Per il resto, ho letto un sacco di articoli su Internet e ho agito per buon senso. Il buon senso, quando vivi a Londra, cambia. Innanzitutto perché ti rendi conto di esserti portato veramente troppa roba dall’Italia – perché i trasferimenti sono traumatici e uno si aggrappa agli oggetti che lo fanno sentire sicuro, tipo ‘se mi porto la collezione degli album di figurine di quando ero piccola andrà tutto bene’ (ho riportato gli album di Creamy, Georgie e Cenerentola a Roma alla prima occasione). Il buon senso che cambia è una fortuna, perché se sei una come me non ne possiedi affatto.
La sofferenza
Come ho scritto su Internet, io ero una che da piccola si teneva i rotoli dello scotch terminati perché convinta che in futuro, prima o poi, avrebbe costruito qualcosa con le ruote. Voi capite. Vengo da una famiglia dove tutto è in ordine, ma basta aprire un armadio per contraddire l’assioma. Non siamo accumulatori, siamo conservatori. E’ per merito di questo che oggi Viola può indossare i vestitini di quando io ero piccola, cioè abitini conservati per una trentina d’anni. Qui semplicemente non si può, non c’è spazio per conservare nulla, e io soffro. Conserverei tutto, e non per riutilizzarlo ma solo per sapere che c’è.
Niente, quando si va per il decluttering bisogna staccarsi dalle cose materiali e superare dubbi come: se regalo la guida alle trattorie di Ravenna e poi passo da Ravenna? Questa camicia rossa e nera che oggi fa cagare, chi mi dice che tra 3 anni non sarà di modissima? Perché liberarmi del salvagoccia mai usato per dodici anni, che magari domani lo uso? E la domandona da un milione di dollari: E SE FAI UN ALTRO FIGLIO? Ha ha. No. Ma ho una nipotina e le vorrei passare tutto.
La decisione
Siete solo tu e il casino. Ti siedi, lo smonti, lo guardi. Parti per genere: tutti i libri insieme, tutti i vestiti insieme etc. Devi essere senza pietà perché la grande verità è questa: per quanto ti sembrerà di aver buttato l’impossibile, quando avrai finito sarai ancora piena di roba. E’ un FATTO. La Kondo suggerisce di seguire delle regole per decidere se dare via, buttare o tenere, ed è: ‘does it sparks joy’? (Emana gioia? anche se credo che in Italiano sia stato tradotto come Ti emoziona o Ti fa battere il cuore?), che è un bel criterio perché taglia fuori tutto quello che è molto brutto. Sei finalmente autorizzato a frullare dalla finestra lo svuotatasche leopardato che ti ha regalato la zia Irma, la teiera a forma di orsetto e le pantofole sfondate. Il decluttering ti mette davanti al poco buon gusto che hai. La regola è: sei in dubbio? Via.
L’ordine
Ora che la tua casa è piena solo di cose che sprizzano gioia, come lo scolapasta e il filo interdentale, devi rimettere tutto in ordine. Per farlo puoi di nuovo affidarti alla nostra psychoMarie, a cui ormai credo nessuno si azzardi a fare più regali perché è un attimo che li lancia nel cestino, seguendo le sue numerose pratiche di piegatura dei vestiti e ordine generale (che onestamente credo proverò, anche se ho l’impressione che si adattino solo ad un guardaroba molto basic), affidarti ai vari tutorial online perché – credeteci o no – c’è gente che blogga di ordine casalingo con religioso fervore, oppure utilizzare di nuovo il vostro fallace buon senso e ritrovarvi a dover fare un ri-decluttering tra sei mesi, che è quello che probabilmente farò anch’io.
Consigli generali
- se non l’hai indossato negli ultimi due anni, vendilo/regalalo/buttalo
- se non l’hai ancora letto, o lo inizi stasera o lo regali
- se ne hai due va bene, se ne hai tre buttane uno
- se non lo vuoi ma può valere qualcosa, vendilo
- guarda che i trucchi dopo un anno scadono: butta
- guarda che pure la dispensa è piena di roba scaduta
- se è rotto e sono mesi che ti riproponi di aggiustarlo, o lo aggiusti subito o lo butti
- ‘lo tengo nel caso in cui…’ non è una ragione valida
- se non trovi il tappo, buttalo. tanto poi troverai il tappo: butta pure quello
- se è legato a un brutto ricordo, buttalo
- se è brutto, buttalo (non si applica ai familiari, n.d.r.)
- se è molto brutto, regalalo a qualcuno stronzo
Ora, visto che la mia esperienza di decluttering è in corso e durerà parecchie settimane, vorrei tutto il vostro supporto e tutti i vostri consigli per portarla a termine, che qui appena vedo un’agenda di cinque anni fa o un braccialetto estate 2008 la motivazione vacilla.
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Questo post fa parte di una serie di appuntamenti attorno al tema #pensapulito per Folletto. Ogni mese vi racconterò il mio pensiero su qualcosa da fare per rendere il mondo, quello in cui abitiamo e il nostro, inclusa la nostra mente, un luogo più ‘pulito’ in tutti i sensi. Seguitemi!
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