Basterà usare una parolina di troppo e anche al bar scatta la multa. Incredibile ma vero. Vediamo cosa sta succedendo.
Non bastano le tasse statali. Ora arriva pure la tassa al bar per chi dirà determinate parole. In questo articolo vi spieghiamo tutta la situazione nei dettagli.
Da un lato abbiamo tasse e bollette sempre più alte. Dall’altro scontrini di bar e ristoranti sempre più cari. Se poi bar e tasse si uniscono allora il gioco è fatto. Eppure, non ci crederete, ma arriva la tassa anche al bar per chi si permette di utilizzare certe parole in pubblico e, specialmente, davanti ai minori. Qualcuno si è lamentato invocando la libertà di espressione ma a poco è servito: certe parole non si devono usare e basta. Altrimenti dovrete pagare una tassa direttamente al barista.
Alle tante tasse che già dobbiamo giustamente pagare, se ne aggiunge una nuova: una tassa che dovremo pagare se useremo certe parole in pubblico. Censura? No: educazione e buon senso.
Infatti si tratta di una tassa simbolica ideata dalla 28enne Camilla Muledda, figlia di Daniele Muledda, titolare del Bar Sport “Da Mu” di Castello di Codego, in provincia di Treviso. In Veneto in particolare c’è la pessima usanza di bestemmiare ogni due parole. Per questo Camilla ha suggerito al padre di dare una “sanzione ” a chi bestemmia.
L’idea è nata sentendo degli uomini bestemmiare di fronte a dei bambini piccoli. Come ha spiegato il titolare, non si tratta di censura ma di educazione e buon senso. L’iniziativa era nata così per gioco ma poi è stata ufficializzata tramite un biglietto affisso vicino alla cassa: una bestemmia comporterà una multa di 1 euro, tre bestemmie 2,5 euro e 5 euro se la bestemmia è “d’autore “. Il ricavato – ha spiegato il signor Muledda- sarà dato in beneficenza a qualche associazione del territorio.
L’iniziativa è stata accolta positivamente dalla maggior parte dei clienti. Solo qualcuno ha invocato la libertà di espressione ma quasi tutti si sono trovati d’accordo con i titolari del bar. Il signor Muledda – intervistato dalla Repubblica- ha poi deciso di dire la sua anche riguardo agli “scontrini pazzi” di quest’estate e, in particolare, del sovrapprezzo per tagliare in due un toast applicato in un bar sul Lago di Como. Muledda si dice d’accordo e spezza una lancia a favore dei suoi colleghi. L’uomo spiega che i clienti non possono sapere tutta la fatica ma soprattutto tutti i costi che ci sono dietro il lavoro di bar e ristoranti. E, in effetti, se il sovrapprezzo era specificato nel menù, anche la legge è dalla parte del ristoratore. La colpa è di chi non legge il menù, non di chi applica un sovrapprezzo chiaramente specificato.
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