Le Birkenstock sono calzature celebri e indossate in tutto il mondo. Ma come mai non sarebbero originali? Ecco cosa dice la legge al riguardo.
Queste “scarpe” hanno conquistato il mercato a partire dagli anni ’70. Ultimamente stanno vedendo una nuova primavera grazie alla promozione tramite il film Barbie. Ma davvero non sarebbero un’idea originale? Perché? Ecco tutti i dettagli della vicenda.
Birkenstock ha un’origine antica. Nel 1774 Johann Adam Birkenstock si iscrisse come calzolaio nell’apposito registro in Assia. Al 1896 risale la vendita delle solette flessibili. Nel 2013 il marchio è diventato un vero complesso industriale dove però i dirigenti non sono membri della famiglia. Nel frattempo le mitiche Birkenstock che tanti definiscono “brutte, ma estremamente comode“, hanno fatto tanta strada e trovati molti testimonial.
Nel 1990 sono comparse ai piedi di Kate Moss. In seguito sono state indossate anche da Gwyneth Paltrow, Leonardo DiCaprio e tante altre star del cinema e vip vari. Ma cosa ha stabilito il tribunale?
Come accennato molte persone hanno imparato ad amare questo tipo di calzature e non hanno esitato a comprarle nuovamente quando un paio si è consumato o è diventato inservibile.
Nel frattempo però Birkenstock ha incassato una delusione riguardo la registrazione della suola come marchio di forma. A frantumare i sogni e le speranze delle persone coinvolte è stata la scelta del tribunale federale tedesco dei brevetti che si è espresso contro il ricorso nei confronti della decisione presa l’11 dicembre 2017. La storia risale appunto a sei anni fa quando l’Ufficio Tedesco dei brevetti e dei marchi eliminò il marchio di posizione teutonico per mancanza di carattere distintivo.
L’anno seguente si espresse anche la Corte UE sempre con parere negativo. Per la precisione anche il Tribunale di Parigi e quello di Milano si erano schierati contro. Il tribunale meneghino aveva definito nullo il marchio di forma nostrano della celebre casa tedesca perché contrario a uno specifico articolo del Codice della proprietà industriale.
In mezzo c’era anche una controversia legale sostenuta dal colosso teutonico contro tre altri brand italiani tra cui spicca Goldstar. La sentenza del tribunale del capoluogo lombardo aveva chiuso la faccenda a favore dei marchi italiani. A ogni modo l’ennesimo parere negativo risale al 10 maggio scorso, ma a quanto pare l’azienda tedesca non ha nessuna intenzione di arrendersi tanto facilmente.
Infatti è stato indirizzato un ricorso alla Corte Suprema Federale Tedesca. Come andrà a finire? Nel mentre complice l’anomala ondata di caldo che si sta abbattendo sull’Europa, tante persone possono ancora indossare i comodi sandali aperti.
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