La Manovra 2024 soddisfa la Corte dei Conti in materia pensionistica tranne per un piccolo particolare che riguarda alcuni lavoratori.
Nessuna Riforma delle Pensioni al momento ma alcuni cambiamenti in relazione alle pensioni anticipate.
Le tre misure in scadenza al 31 dicembre 2023 verranno prorogate ma con alcune modifiche. Il riferimento è a Quota 103, l’APE Sociale e Opzione Donna. In generale il Governo restringe la platea dei beneficiari aumentando o il requisito anagrafico oppure introducendo nuovi paletti. Emerge chiaramente come l’intento sia quello di spingere i lavoratori ad evitare il pensionamento anticipato e aspettare i 67 anni per lasciare il lavoro.
Anche le modifiche alla pensione anticipata contributiva sembrano essere direzionate in tal senso. La Manovra ha infatti messo mano ad una condizione. Se fino ad oggi per andare in pensione occorre aver maturato un importo superiore a 2,8 volte al minimo, dal 2024 sarà necessario raggiungere 3,3 volte il minimo ossia più di 1.660 euro. Tanti lavoratori con stipendi medio-bassi o pochi contributi vedranno lasciarsi sfuggire dalle mani la possibilità di pensionamento. Meglio così, secondo la Corte dei Conti.
In pensione tutti alla stessa età, contributivi e non
La Corte dei Conti si chiede se non sia preferibile puntare verso un’unica età pensionabile anticipata per chi lascia il lavoro da misto e da contributivo puro. Ad oggi i contributivi puri possono lasciare il lavoro a 64 anni.
Tra pochi anni quasi tutti i lavoratori saranno contributivi ossia avranno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Significa che aumenteranno notevolmente il numero dei pensionamenti a 64 anni con 20 anni di contribuzione. Secondo la Corte dei Conti di conseguenza la differenza con il requisito di uscita per chi ha iniziato a lavorare anche un solo anno prima (67 anni) diventerà più fastidioso.
Da qui l’idea di un’età di pensionamento anticipato comune tenendo conto, però, di correzioni del trattamento per i misti (coloro che hanno maturato contributi prima e dopo il 31 dicembre 1995).
Il suggerimento è di garantire più opzioni di uscita con riferimento ad un’unica età standard, ad esempio 67 anni applicando correzioni dell’importo sulle componenti dell’assegno, sia quelle contributive che retributive, al rialzo oppure al ribasso. Tutto dipenderà, dunque, dall’anticipo o dal posticipo dell’uscita rispetto ai 67 anni.
Seppur non sarà questa la strada intrapresa dal Governo, la Corte dei Conti chiede che si giunga presto ad un assetto stabile della normativa in materia di uscite. Servono delle regole che siano equilibrate e rimangano uguali a lungo. Le nuove direttive dovranno valutare anche le esigenze micro e macro-economiche e gli effetti sulle famiglie.