Quand’è che si diventa vecchi? La vecchiaia è soltanto uno stato fisico o anche mentale? È la scienza a rispondere a queste domande.
L’Italia sta diventando un paese vecchio, e non storicamente ma proprio per l’alta presenza di persona anziane. Più anziani, meno giovani, meno figli: una situazione di cui sentiamo spesso parlare. E non si può certo dire che la questione sia infondata visto il trend sulle nascite e visto soprattutto il modificarsi del ciclo di vita di ciascuno di noi. Proprio per questo già la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria ha proposto di aggiornare il concetto di anzianità, portando a 75 anni l’età ideale per definire una persona come anziana.
Secondo la SIGG, considerare anziani i 65enni è fuori luogo perché risultano in forma come i 55enni di 40 anni fa. Secondo un’indagine due ultrasessantacinquenni italiani su tre dichiarano di non sentirsi affatto ‘anziani’. Quattro su dieci pensano che la vecchiaia inizi davvero solo dopo gli ottant’anni. Insomma, considerare anziano un 65enne oggi è anacronistico: a questa età moltissimi stanno fisicamente e psicologicamente bene.
Sono nelle condizioni in cui poteva trovarsi un 55enne una quarantina d’anni fa. Anche una ricerca dell’Università svedese di Goteborg ha dimostrato che i 70enni di oggi sono più ‘svegli’ dei loro coetanei di 30 anni fa: ai test cognitivi e di intelligenza ottengono risultati migliori, probabilmente perché sono più colti, più attivi e meglio curati rispetto al passato.
Come influisce l’invecchiamento sul lavoro
E se questa situazione offrisse anche delle opportunità di sviluppo al Paese? In un evento nazionale promosso dal Silver Economy Network e da Assolombarda, Agevity, è emerso che l’invecchiamento della popolazione, oltre ad essere un dato oggettivo, è anche un fattore strategico per il sistema occupazionale, produttivo e sociale. Il fenomeno ma va considerato come una opportunità per lo sviluppo di nuovi modelli a favore di un percorso di longevità sostenibile.
Per quel che riguarda l’economia, oggi i “senior” generano oltre 184 miliardi di euro in termini di consumi. Se si considera la popolazione “over 50” il reddito complessivamente generato è pari a 461,8 miliardi di euro, con un’incidenza sul PIL nazionale del 27,5%. La stima dei consumi del target senior, invece, supera il 20% del valore totale a livello nazionale, attestandosi intorno ai 185 miliardi di euro. Il documento si sofferma anche sul tema del lavoro: dal 2010 al 2022, l’occupazione che riguarda gli “over 50” è aumentata dal 26%.
Il rapporto ha, infine, messo in luce quattro elementi che restituiscono un identikit dei “longennials”. Il 66% dichiara di possedere le competenze per l’utilizzo di soluzioni di medicina digitale. In Italia, i due terzi dei patrimoni superiori ai 200mila euro sono gestiti da “over 55” e il segmento più “evoluto” si rivolge, addirittura, al fintech. La spesa turistica degli italiani “silver” è stimata in circa 5 miliardi; i “longennials” usano gli e-commerce più che nel passato: sono aumentati del 16% gli utenti che, dopo la pandemia, acquistano su marketplace e portali aziendali. Un patrimonio, insomma, sia in termini di offerta che soprattutto di domanda che potrebbe rappresentare una vera e propria miniera d’oro per l’Italia.