Anche le bestemmie sul luogo di lavoro possono avere delle conseguenze, ma che cosa succede di preciso? Le regole da conoscere per non farsi trovare impreparati.
Pochi giorni fa ha scatenato polemiche e clamore il licenziamento di un dipendente di un call center di Bologna che aveva bestemmiato sul posto di lavoro. La vicenda ha fatto il giro del web in breve tempo, alimentando discussioni e spaccando i social.
Il caso del dipendente di un call center di Bologna ha fatto scalpore dopo che sul web ha circolato la notizia del licenziamento dell’uomo a causa di una bestemmia pronunciata durante l’orario di lavoro. La vicenda ha coinvolto anche i sindacati i quali hanno preso parola e hanno proclamato sciopero generale, oltre al fatto che sono stati realizzati degli appelli per l’intercessione del presidente della Conferenza episcopale italiana.
Dietro questo avvenimento, moltissimi cittadini e lavoratori si sono chiesti se il licenziamento è legittimo in caso di bestemmie sul luogo di lavoro. In tal senso, la legge si è espressa apertamente quando si ha a che fare con una situazione in cui c’è una imprecazione ad alta voce contro la divinità.
Bestemmie sul luogo di lavoro: cosa dice la legge
Riguardo il caso del dipendente di Bologna, pare che al lavoratore sarebbe stato contestato l’illecito previsto dal codice penale dall’articolo 724, il quale punisce con una sanzione amministrativa tutti coloro che bestemmiano pubblicamente con parole o invettive oltraggiose.
Per il datore di lavoro in questione tale bestemmia sarebbe stato un evento grave da ledere il rapporto di fiducia con il proprio dipendente in modo irreparabile, legittimando quindi l’irrogazione di un licenziamento disciplinare. La decisione delle Corti italiane, però, hanno valutato tale questione in un modo diverso.
La Corte di Appello di Firenze, ad esempio, con la sentenza n. 686 del 17 novembre 2023 ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva bestemmiato a voce alta in risposta alla richiesta di un suo superiore. Per i giudici, tale condotta sarebbe dovuta essere punita con una sanzione inferiore, ad esempio si poteva sospendere il dipendente, rimanendo così in conformità al principio di proporzionalità dei procedimenti disciplinari.
In poche parole, i giudici hanno il diritto di valutare concretamente la gravità o meno del fatto commesso dal dipendente e decidere di conseguenza se l’eventuale violazione sia capace di far venire meno la fiducia che il datore di lavoro ripone nel lavoratore. In ogni caso, la vicenda accaduta a Bologna ci rende un’evidenza certa: ogni licenziamento è diverso e ogni situazione è differente.
Bisogna aggiungere che tutti i rapporti professionali di fondono sul rapporto di fiducia che si instaura tra le parti, quindi sarà un tribunale a valutare ogni questione. Quello che è certo è che bisogna muoversi con buon senso e capire se ci sono dei contenziosi in sospeso tra dipendente e datore di lavoro.