Se perdi la pensione a causa della negligenza del patronato, puoi chiedergli i danni. Ma occhio ad alcuni dettagli.
Chi sbaglia, paga e a quanto pare il detto si applica anche ai patronati che commettono errori nelle pratiche burocratiche, inerenti il pensionamento di una persona. Con un recentissimo provvedimento della Corte di Cassazione, non vi sono più dubbi sulle potenziali responsabilità dei Caf o dei patronati: infatti chi offre assistenza in campo previdenziale e commette un errore nella trasmissione della domanda di pensione all’istituto di previdenza, deve rispondere del mancato incasso del trattamento pensionistico.
In altre parole, se un pensionato subisce dei ritardi nell’incasso della mensilità per colpa della negligenza o dell’imperizia del patronato, quest’ultimo si considera obbligato a ‘versare’ la pensione perduta. Vediamo un po’ più nel dettaglio.
Se un pensionato perde degli anni di pensione, o subisce un ritardo, per colpa dell’errore del patronato, spiega la Cassazione, sarà tenuto a pagare perché è in gioco una responsabilità contrattuale legata all’esecuzione di mandati. Pertanto ciò che non è stato versato a titolo di pensione, sarà versato a titolo di risarcimento danni – visto che il patronato è venuto meno ai suoi obblighi contrattuali commettendo delle imprecisioni rivelatesi deleterie per il pensionato.
A fondamento delle conclusioni della Corte di Cassazione vi è l’art. 1176 del Codice Civile, che si occupa espressamente della diligenza nell’adempimento di quanto previsto in contratto. In particolare il soggetto che si obbliga ad eseguire la prestazione – in questo caso il patronato che gestisce la pratica di pensionamento per conto e nell’interesse dell’assistito – deve farlo secondo la cosiddetta diligenza del buon padre di famiglia.
Inoltre, il grado di diligenza imposta all’esecutore dell’opera è tanto maggiore quanto più si tratta di un soggetto del settore. Il patronato, dunque, deve operare saggiamente e con grande attenzione, svolgendo un’attività delicata per la posizione del pensionato e su cui può farsi pagare.
Non solo. Il patronato può essere ritenuto responsabile se non svolge la sua attività con la necessaria diligenza professionale, anche quando il mandato assegnato dal privato cittadino è gratuito. Lo ha stabilito la Cassazione con una sentenza del 1973, che ancora oggi è un vero e proprio punto di riferimento in materia.
Per conseguire il risarcimento danni, di fatto una sorta di ‘pensione a posteriori’, il cliente dovrà provare il danno subito per la svista o lo sbaglio del patronato. Tale danno deve essere conseguenza diretta del comportamento erroneo e negligente del patronato. Occorre dunque che l’errore sia causa determinante della mancata pensione, perché se emergesse in corso di causa che il pregiudizio per il cliente si sarebbe comunque verificato, allora il patronato non potrebbe essere ritenuto responsabile per i danni.
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